Questa relazione è stata presentata nel Congresso Mondiale di Educazione Speciale tenuto dal 6 al 9 settembre 2000 nella città argentina di Mendoza.
La finalità di questo lavoro è contribuire con alcune idee per alla riflessione sulle tematiche che ci chiamano costantemente in causa, poichè il nostro interesse principale è di occuparci degli adulti che si occupano dei bambini. Di adulti che agiscono "in" e "con" la comunità, affinchè questa, consapevole dei bisogni in gioco, si attivi per sostenerli e soddisfarli, nella convinzione che la prevenzione vale più della diagnosi e di più ancora della riparazione.
Per molti anni il lavoro con bambini con "bisogni speciali" è stato inflluenzato da una concezione meccanicista che vedeva le funzioni da riparare tramite idee "ortopediche", rieducative legate ad un certo disimpegno. Idee che emergevano senza dubbio nella grande maggioranza dei professionisti e anche nelle famiglie, dovuto all'angoscia dell'alterazione genetica, congenita o perinatale, dovuto allo "scandalo", come diceva Marcel Rufo, della disabilità che scaturisce dei fantasmi di incompletezza, per il terrore alle tracce indelebili, non riparabili di ciò che manca, di ciò che è fallito, del destino inesorabile, immodificabile dell'ingiuria neurologica o della malformazione che spaventa. Un vissuto di "punizione" che trasforma ciò che doveva essere meraviglioso in un qualcosa di sinistro.
Il desiderio ineluttabile di trasformare quello sguardo, di tentare ritrovare il "meraviglioso" nascosto dietro il "sinistro", ci portò ad avvicinarci, all'inizio, alla dinamica profonda del corpo danneggiato, ferito, etichettato; segno permanente per la sua famiglia e per il suo contesto di ciò che non è riuscito ad essere e di ciò che, probabilmente, non riuscirà mai ad essere.
Come aiutare a modificare questo sguardo, che influenza un progetto familiare caratterizzato dalla dipendenza, dal timore del futuro, dalla difficoltà ad identificarsi con l'altro? Questo progetto che forse non può nemmeno essere chiamato in questo modo, carico di dolore, di ostilità di colpevolezza, che conduce alla stereotipia, alla rigidità dei legami, al trabocco emozionale e alla rottura della famiglia.
Indubbiamente le scoperte realizzate dalla pratica clinica e istituzionale della Dott.ssa Emmi Pikler sulla genesi dello sviluppo posturale e motorio autonomo e la sua incidenza in tutti gli aspetti della condotta del bambino e della sua struttura vincolare con l'adulto, costituiscono approti rivoluzionari, sia dal punto di vista psicologico che pedagogico. In convergenza con l'ECRO di Pichon-Rivière, nel suo spostamento dalla psicoanalisi alla psicologia sociale, e con i concetti fondamentali di Henri Wallon, ci portano a riflettere sulle strategie di accompagnamento, quali interventi preventivi e terapeutici nelle età più precoci permettono trovare e affermare la coerenza della nostra pratica rispondendo a due premesse fondamentali:
Abbiamo imparato a riconoscere il bambino essenzialmente come un soggetto di azione e non soltanto di reazione ad ogni istante e luogo, per cui le idee della Pikler e la sua pratica, le sue concezioni sulla autonomia e la sicurezza affettiva dimostrate in bambini fisicamente sani, ci richiedono di affrontare la sfida di dimostrare che questi postulati fondamentali sono completamente pertinenti ed efficaci per tutti i bambini, inclusi coloro che soffrono di una considerabile disabilità.
In ogni tappa della sua maturazione globale il bambino dimostra una enorme necessità di muoversi ed anche, collegata con essa, l'intensa necessità di sentire una sensazione profonda di sicurezza posturale. Il bambino stesso mostra i punti di appoggio necessari per quell'intimo e personale sentimento di sicurezza posturale.
Le parti del corpo che non restano appoggiate e che lui non riesce a sostenere da sè sono "risucchiate" dalla forza di gravità attivando i vissuti di caduta e di frammentazione tra le parti sostenute e le altre che restano sospese e senza appoggio. Si può trovare una prova tangibile di ciò nell'armonia, nella calma e nella fluidità nella realizzazione dei movimenti (in accordo con il suo livello di sviluppo) quando si sente sicuro dal punto di vista della postura e vive quotidianamente la sua libertà motoria.
Nel caso opposto, quando l'equilibrio è prevalentemente precario, si percepiscono le contrazioni, l'aggrapparsi, la disorganizzazione prassica e mimica esplosiva o rigida. Se queste ultime situazioni si ripetono frequentemente, vanno configurando uno stile comportamentale disarmonico, scombussolato, che interagendo con l'ambiente, rinforza il sentimento di fragilità dell'involucro e della comunicazione.
Il dispiacere, la sofferenza, i fallimenti del contenimento e dell'involucro necessari per il puntellamento della psiche bloccano i processi di rassicurazione del bambino, inibiscono la fiducia nell'altro e nelle sue proprie competenze, generando patologia.
Il bambino può giocare nell'azione (e può giocarsi nell'azione) nella misura della sua relativa sicurezza riguardo tutto ciò che è già integrato in lui. Può giocare a perdere di sè e dell'altro ciò che già possiede o che sa certamente di poter recuperare.
L'equilibrio e il controllo progressivo del suo corpo hanno dovuto organizzare sistemi di stabilità statica e dinamica in lotta contro un insieme di forze fisiche (tra cui c'è la gravità) e contro le repentine sensazioni labirintiche e viscerali disorganizzanti l'unità di sè che si percepiscono di fronte alle situazioni di perdita dell'equilibrio.
Durante i primi 18 mesi il bambino vive la caduta, l'accelerazione repentina, la percezione della profondità, con vissuti emotivi contraddittori, generalmente di dispiacere, fortemente collegato alla relazione e il sostegno del adulto. La contrazione, l'eccitazione, le grida e le risate che compaiono durante queste esperienze sono generalmente vere scariche toniche di autoregolazione emozionale (nonostante gli adulti credano che sia dovuto al piacere). La prova è che, se prolungato, portano il bambino al pianto.
Il bambino non cerca e non ama, a quell'ertà, la sensazione di cadere, di buttarsi nel vuoto. Non tollera che l'adulto con cui è glielo faccia. Riesce a "sopportarlo" nella misura che ci sia un qualcun altro che lo accompagni, in un cerchio ripetuto "dalla angoscia alla consolazione".
Le scoperte in psiconeuroendocrinoimmunologia ci forniscono dati scientifici su come le situazioni di stress vissute a livello fisico e psichico, aumentano la vulnerabilità dei bambini e provocano reazioni costose di sopradattamento.
Ci si potrebbe quindi chiedere quale struttura psichica, quale "matrice affettiva" si può riuscire ad organizzare ripretto alla ripetizione di intense sensazioni propriocettive, viscerali e vestibolari caotiche e disorganizzanti, che sono inoltre provocate dall'adulto con un sorriso e dandogli uno specchio di piacere in cui guardarsi, e diventano quindi iscritte mentalmente nel bambino a partire della estrema dipendenza emozionale rispetto all'adulto e ai processi di identificazione.
Rimangono in questo modo delle tracce intrapsichiche del turbamento e la sofferenza intima, la sensazione organica della vertigine e della paura alla caduta, legati al piacere che ciò provoca nell'adulto (il quale dovrebbe in realtà contenere, consolare e rassicurare). Nei fati è una "sottomissione sadomasochistica" ad un Altro che si introietta, provocando, forse, personalità che cercano il piacere nel pericolo e nelle sensazioni estreme, senza coscienza dei propri limiti, cercando permanentemente il contenitore fuori di sè.
I livelli di attenzione e di investimento
L'attenzione è la prima manifestazione dell'esistenza di vita psichica, di un Io in sviluppo. La capacità di attenzione, di focalizzare l'attenzione su ciò che si presenta all'interno o all'esterno del corpo, è una delle condizioni per la costituzione del self, del sentimento di identità personale.
Il bambino sano, in un buon rapporto, "caldo" e rassicurante con il suo ambiente, subito si apre all'esplorazione attiva dell'ambiente. Questa esplorazione, asse organizzatore dello sviluppo, nasce dalla necessità e dal desiderio di adattamento. Ha come motore la pulsione di conoscenza che nelle ultime ricerche di psicologia cognitiva hanno confermato la sua esistenza molto precoce.
In effetti, gli studi sui fenomeni di abitudine/disabitudine e di preferenze visive realizzati con bambini dalla nascita in poi, hanno permesso di evidenziare capacità di riconoscimento, che implicano l'utilizzo minuzioso di strutture, funzioni e dinamiche della psiche, tra cui la concentrazione, impensati fino a poco tempo fa. Indubbiamente le diverse intensità di attenzione e le sue variazioni costituiscono la funzione basica per l'organizzazione della messa in pratica e del evolversi della percezione e delle sue tracce, dando luogo a delle protorappresentazioni di carattere vario.
Anna Tardos ha portato avanti una ricerca sulla attività spontanea dei bambini, sottolineando i momenti in cui appaiono le variazioni di focalizzazione dell'attenzione lungo l'arco dello sviluppo, la sua periodicità, la sua durata man mano che il bambino cresce e le sue condizioni. Il periodo tra i sette e i ventiquattro mesi pare di essere particolarmente propizio per riconoscere le variazioni dell'attenzione, identificarle e descriverle.
Il bambino a quell'età, durante i suoi giochi, passa frequentemente dalla postura e/o locomozione alla manipolazione di oggetti. Questa grande alternanza non capita all'azzardo. Si può anche osservare che quando un bambino è sdraiato sulla schiena e ha tra le mani un oggetto lo guarda interessato e subito compare un gran movimento che coinvolge tutto il corpo, tornando poi alla manipolazione.
Questa alternanza di grandi movimenti e di movimenti sottili sembra essere una legge di organizzazione dell'azione del bambino, di autoregolazione possibile soltanto se lui ha la libertà e l'abitudine, a causa del suo contesto e le condizioni di crescita, di auto-organizzarsi e di continuare con la sua attività.
Nella sua attività il bambino generalmente realizza tra un 10 e un 20% di nuove azioni, movimenti, spostamenti, posture o forme di manipolazione. Questa è una tappa di grandi scoperte e tentativi di cose nuove, che progressivamente andrà a mettere in moto per arrivare a integrarlo come una nuova acquisizione all'interno del patrimonio di attitudini, condotte o conoscenze. Per esempio prova mettersi in piedi poco a poco però, se ha bisogno di spostarsi lo fa in posizione quadrupede. Tante volte, nonostante che già ha imparato a sedersi, gioca sdraiato.
Durante i suoi giochi ripete azioni ben conosciute e acquisite e ogni tanto prova un qualcosa di nuovo. Questa è anche una legge di organizzazione della sua attività, che gli permette di rassicurarsi e articolare il nuovo con il vecchio, tutto ciò appena scoperto con tutto ciò conosciuto e ben integrato.
Un'altra constatazione della Pikler e della Tardos è che i bambini tra i 9 mesi e l'anno, che possono muoversi in libertà, non si trattengono più di un minuto e mezzo nella stessa postura come media, presentando:
Sembrerebbe che questo faccia parte di una intima e imprescindibile autoregolazione che allo stesso tempo permette ed esige diversi livelli di attenzione e di investimento del bambino nell'azione.
Analizzando in continuità l'attività autonoma del bambino si possono riconoscere diversi livelli:
Durante le attività quotidiane c'è una grande variazione e fluttuazione di questi quattro livelli che svolgono possibilmente funzioni specifiche: il primo e il secondo, con le sue variazioni di inattivitò/attivitò e differenze di intensitò, diventano tempi più rilassati, di benessere e riposo, anche riparatori o di recupero, compaiono frequentemente per autoregolazione, dopo un certo tempo di concentrazione.
Il terzo livello svolge una funzione di ratificazione, è la base di una forma di esercitazione, di aggiustamento nell'apprendimento. Con questo livello di attenzione può raffinare i movimenti, aumentare la destrezza, ampliare il dominio dell'azione e anticipare e ritrovare il piacere del conosciuto.
Il quarto livello è quello della scoperta, dello sconcerto, del questionare. E' il momento in cui il bambino è in ricerca e si concentra intensamente. Si ritrova totalmente preso dalla situazione, in uno stato massimo di "tensione", inteso come "tendere verso", "rivolto a". Questo livello è condizione per l'acquisizione delle nuove conoscenze e delle nuove competenze quindi, per l'apprendimento.
I confini tra questi quattro livelli non sono sempre chiari e a volte è difficile determinare con precisione lèintensità dell'investimento, invece in altri momento questo si può vedere e determinare con chiarezza.
Durante l'attività autonoma compaiono interruzioni più o meno prolungate e modificazioni di ogni tipo. Le diverse forme di attenzione sembrano ciascuna di essere funzionalmente importanti. La sua alternanza durante il gioco infantile forma parte di una autoregolazione essenziale che, in sè, costituisce un valutabile indizio dell'equilibrio emozionale del bambino, del suo sviluppo e delle sue competenze per l'apprendimento.
Tanto più piccolo è il bambino, tanto la frequenza di apparizione dei livelli 1 e 2 è molto maggiore che quella del livello 3. Il livello 4, prima dei 24 mesi è relativamente meno frequente però si presenta se si ha cura delle condizioni. Potremmo supporre che i tre primi livelli rispondono fondamentalmente alla intima necessità di adattamento al contesto, con i suoi elementi di accomodamento, di assimilazione, si aggiustamento e di regolazione tra l'interno e l'esterno. Il quarto livello, essenziale per l'esplorazione, l'appropriazione e il dominio dell'ambiente dipende fortemente delle condizioni generali di salute, della sicurezza affettiva, della qualità delle cure con cui l'intorno gli permette di soddisfare i suoi bisogni e desideri e gli assicura il benessere per essere disponibile ad accedere a quel livello.
Le differenze di livelli di attenzione e di investimento, la sua fragilità e la sua dipendenza dallo stato generale del soggetto e delle condizioni dell'ambiente circondante, sono ben conosciute in bambini maggiorenni e negli adulti. Si ha teorizzato molto riguardo alle possibilità di apprendimento e di inclusione sociale. L'importanza degli studi portati avanti dalla Tardos sottolineano la sua impronta nella costituzione precoce di matrici attitudinali e di apprendimento. Il riconoscimento quindi, di alterazioni e quel livello a partire delle età più precoci è un eccellente strumento della prevenzione primaria in salute mentale perchè permette intervenire rapidamente creando o ricostruendo le condizioni adeguate perchè i livelli di attenzione se esprimano con tutta la sua influenza.
Il livello di acquisizioni motorie di un bambino come gattonare, camminare, giocare con oggetti, può indurre a sbaglio nell'apprezzare la maturazione generale perchè il rango di età nelle quali queste condotte si presentano è molto amplio. Alcuni lo fanno prima di altri e ciò non implica una qualità particolare ne una prognosi dello sviluppo, tranne in quei casi di estrema deviazione della media.
Una osservazione minuziosa sui livelli di attenzione o di attività che adopera un bambino nella sua vita quotidiana, ci da informazioni più rilevanti sul suo stato attuale e su alcune delle sue competenze future. Se capita che dopo i 6 o i 7 mesi un bambino fluttua di solito tra i livelli 1 e 2 e, molto scarsamente tra i livelli 3 o 4, ci si può chiedere perchè non riesce a mantenere la sua attenzione sull'oggetto. Quali cause interne o esterne, quale inquietudine, malessere, ansietà o insicurezza inibiscono il suo investimento. E' un segno che il bambino presenta delle difficoltà nell' aprirsi alla ricerca, nel lasciarsi andare dal suo impulso epistemico verso l'esplorazione e la scoperta, nel porsi progetti di azione e strategie, nell' adoperare sequenze con intenzionalità. Questa è una caratteristica più importante rispetto ad acquisire una postura più tardi in paragone al tempo sperabile.
Ci sono bambini che si mettono in piedi molto precocemente (7-8 mesi) però non riescono a concentrarsi sugli oggetti. Nonostante il loro sviluppo posturale e motorio sembri rapido e precoce, il livello della loro attività può essere povera, rigida, ripetitiva o con un scarso investimento.
Altri bambini invece, si vedono molti attivi, toccano tutti gli oggetti che trovano però risulta difficile osservare una sequenza dell'azione, una intenzionalità nella ricerca. Si disperdono da un oggetto all'altro, non riescono a selezionare stimoli dell'ambiente per concentrarsi su qualcuno, stanno sempre alla mercè delle fluttuazioni esterne. Per il loro futuro apprendimento, per il loro futuro scolastico per esempio, è molto più importante riuscire a concentrarsi che rimanere seduto, mettersi in piedi o camminare presto. Questa concentrazione compare e si organizza a partire da una età molto precoce, si sviluppa, si perturba o sparisce secondo le condizioni dell'ambiente che preserva o meno l'espressione della pulsione di conoscenza propria di ogni soggetto.
In classe si vedono sempre piu bambini che non riescono a concentrare la propria attenzione, non riescono a fare un compito e tutto ciò li provoca loro tante difficoltà, ansietà e scompigli rispetto agli apprendimenti ed ai legami con gli altri. Infatti, la dispersione dell'attenzione e la fragilità della concentrazione sono dei segni precursori del fallimento scolastico. Bisognerebbe porsi domande su come è stata la loro storia rispetto all'attenzione, come si è generata la loro matrice dell'apprendimento. Per imparare ad imparare bene, ci vuole dell'esercizio frequente di livelli 3 e 4 di investimento che permettano di elaborare delle strategie nella scoperta, nel processare l'informazione captata e per l'appropriazione e la trasformazione operativa del mondo circondante.
Anna Tardos ha indagato i quattro livelli di intensità dell'attenzione e come questi si vanno organizzando in relazione alla sicurezza en se stesso e la fiducia nel contesto. Come già accennato, la fluidità di questi quattro livelli è profondamente articolato con le possibilità di apprendimento. Nei casi di insicurezza l'attenzione diventa un aggrapparsi a qualsiasi tipo di sensazione - interocettiva, propriocettiva o esterocettiva - che dia l'illusione della riunificazione di sè di fronte all'angoscia di frammentazione, di caduta o di siderazione.
Questi processi che fanno parte della dinamica soggettiva in sviluppo, si danno con maggiore intensità e in un modo drammatico nelle situazioni di fragilità biologica, che implica di per sè una maggiore difficoltà nella costituzione dei legami sufficientemente rassicuranti e quindi, un rischio di fragilità nella costituzione del psichismo.
L'Iintervento Precoce ha quindi, un'indicazione precisa per stabilire gli assi essenziali della sua azione a livello preventivo e a livello terapeutico.
Allo stesso modo in cui la famiglia svolge un ruolo di involucro, si sostegno, di puntellamento, di filtro e di introduzione nella cultura e il linguaggio per tutti i bambini nel suo processo di essere e di diventare persona, l'équipe professionale si istituisce come involucro strutturante della famiglia sofferente del bambino con difficoltà e dell'istituzione, l'asilo, le case per i bambini, la scuola o l'ospedale anche loro in difficoltà.
La fiducia dell'attaccamento è sostenuta dalla comunicazione e dalla trasmissione di un sapere sulle potenzialità e sulla patologia e la sua possibile evoluzione però, particolarmente a proposito delle condizioni necessarie ad ogni bambino, ad ogni momento e nel suo contesto per svilupparsi integralmente nel modo più armonico per lui.
In principio la funzione dell'équipe è di preservare e ampliare le competenze proprie della famiglia come famiglia e in relazione con questo, sostenere anche le competenze del bambino; l'obiettivo principale comunque, è indubbiamente quello di assicurare le condizioni perchè la famiglia riesca ad "ritrovarsi" intimamente con il bambino che lui è e non con il bambino che manca.
Ogni bambino costituisce l'immagine di sè con lo specchio dello sguardo dell'adulto, sguardo che gli restituisce un'immagine come soggetto completo e gratificante, desiderato e desiderante, o l'immagine del dolore, della mancanza e della incompletezza.
Questo cambio di sguardo che ritrova al bambino nelle sue potenzialità, fino ai più piccoli dettagli, diventa allora essenziale per questo accompagnamento. Ma questo sguardo non si appoggia in buone intenzioni, nel volontariato, ma particolarmente nella nostra esperienza condivisa con la famiglia e con l'équipe.
Indubbiamente il contenimento alla famiglia si concretizza con l'appoggio e l'orientamento per l'organizzazione della vita quotidiana. La necessità di rispettare i momenti per il riposo, i momenti indispensabili di interazione di estrema qualità e i momenti di gioco e di attività autonoma. Ciascuno di questi momenti è così importante come gli altri, nonostante le sue differenze e le sue specificità con cui fondano e strutturano lo psichismo e l'immagine di sè. La condizione per lo svolgimento e la continuità del pensiero è la continuità dell'azione e la non intromissione dell'adulto in quel momento. Osserviamo frequentemente che la presenza dell'adulto durante il gioco è così forte ed attraente per il bambino che talvolta diventa un ostacolo perchè possa sviluppare le sue proprie elaborazioni, interrompendo le sequenze delle relazioni logiche che il bambino sta man mano organizzando.
Se il gioco condiviso con l'adulto assorbe l'essenziale dei luoghi e dei tempi, il bambino resta sottomesso alle proposte e al riconoscimento dell'altro, pendente del momento in cui l'adulto è disponibile e svalutando i giochi autonomi. Questo è un aspetto molto importante per l'autoregolazione emozionale e nella strutturazione delle matrici di apprendimento, cioè, dei modelli dell'apprendere ad apprendere. Matrici di apprendimento che andranno ad esprimersi in ogni situazione per raffermare o squalificare la sua fiducia in se stesso per pensare e attuare in modo autonomo ed efficace.
Abbiamo constatato nella pratica clinica ed educativa che, rispettando le condizioni de sviluppo autonomo scoperte e analizzate esaustivamente dalla Dott.ssa Emmi Pikler, appoggiati nella sicurezza affettiva e nella libertà di movimento, i bambini con disturbi dello sviluppo di origini diversi, possono evolvere seguendo gli stessi stadi che seguono i bambini senza difficoltà, con le stesse sequenze, ma al loro livello, con i loro propri tempi e con le loro modalità originali.
Se l'adulto lo valuta in questo modo, durante l'attività spontanea tutti i bambini mostrano, esercitano e mettono in gioco le loro competenze, facendo vedere il livello di organizzazione della loro motricità, l' investimento nell'azione, la qualità della loro attenzione e il susseguirsi e i contenuti dei loro pensieri, che rivelano i loro strumenti cognitivi allo stesso tempo che diventano processi che istituiscono le loro soggettività.
La nostra strategia di intervento si fonda sulla base della fiducia e della accettazione del bambino.
La fiducia come risultato di conoscenze scientifiche e di molteplici esperienze a proposito delle competenze del bambino, sostenute dall'adulto e dalla società, per autocostruzione, l'autovalutazione e l'autocorrezione del suo disimpegno. Questa è la fonte per il pensiero e la creazione, quando il bambino vive in un ambiente affettuoso, interessante e rassicurante.
L'accettazione sincera della differenza è un altro principio essenziale perchè ogni bambino ha il diritto di essere riconosciuto e valutato. Dice Judit Falk: il bambino di sviluppo lento ha il diritto di avere uno sviluppo lento, di essere accettato nella sua originalità e a partire di suoi propri interessi. Soltanto in queste condizioni può rivelarsi tutto quello meraviglioso nascosto nel sinistro.
Cosa significano l'iperattività o l'ipercinesia, l'abulia o il deficit di attenzione se non la traccia dello scontro tra ciò che ogni soggetto è e potenzialmente può essere in ogni tappa e in ogni momento e lo sguardo di desolazione, di angoscia, di delusione o di sovraesigenza dell'altro che lo invade, lo trascina, lo seduce, lo squalifica, lo sottovaluta o lo abbandona. E' un disperato tentativo, in gran parte fallito e in parte riuscito per autoformarsi un involucro protettore di fronte a un contesto che non può accoglierlo a sostenerlo. Questo include anche - ma va oltre - le caratteristiche del suo cervello e del metabolismo dei suoi neurotrasmetittori. Come diceva Ajuriaguerra, il destino del soggetto si gioca nell'incontro con l'Altro.
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